PARLAR BENE E RAZZOLARE MALE
Alla fine del mio percorso in questa organizzazione pseudobuddista 2002/3, mi accadde una cosa che solo qualche anno dopo mi ha convinto ancora di più a ricercare altre verità che non fossero quelle che sempre mi davano intorno a me, e quindi arrivare a questo sito per poter distruggere le false dottrine. Alla fine degli anni 90, stavo nuovamente praticando in un gruppo del centro di Firenze (dato che non avevo accettato la zonizzazione voluta dall’alto, ed ero tornato dove avevo iniziato la mia pratica buddista), ed avevo molti contatti con un responsabile di Hombu (praticamente lui era responsabile di circa 300 persone residenti nel centro di Firenze, di cui io ne ero una anche se non residente a Firenze), era molto disponibile nei miei confronti, ed avevamo fatto una buona amicizia, nel senso che( in teoria) avevamo un buon rapporto e reciproco rispetto e sincero rapporto, come due buddisti dovrebbero avere nella normalità della sua vita, ma poi ho constatato che così non è, comunque Matteo Monfigli (tutti i nomi sono inventati per rispetto) era molto disponibile nei miei confronti, potevo andare a casa sua, come lui mi diceva, quando volevo, la sua casa era per me disponibile in qualsiasi momento, mi metteva a mio agio, ma non solo io, questo e’ un aspetto buddista che condivido ancora, sempre che questa ospitalità non si trasformi in una forma di controllo, come poi avviene, non c’e’ sincerità nelle loro azioni, sono sempre basate su un punto molto importante, difendere l’organizzazione soka gakkai, prima di tutto.
Nonostante io fossi buddista, ancora usavo hashish e anzi mi era nata una idea di come questa pianta mi potesse far fare un tipo di lavoro diverso da quello che facevo. Quindi ne parlai con Matteo, gli spiegai che avrei potuto aprire un negozio e vendere i prodotti derivati da quella pianta, anzi avrei voluto anche fondare un a associazione per la riabilitazione di questa pianta la canapa sativa, certo prima di parlarne con Matteo avevo coinvolto la persona a me più vicina cioè mia moglie, la quale era anche entusiasta di questa iniziativa. Purtroppo non entusiasmava certo Matteo poiché la pianta era ancora molto discriminata , e nella organizzazione non era vista di buon gradimento questa mia iniziativa.
Questo non mi fece cambiare idea, anche perchè mia moglie in quel momento era dalla mia parte.
Passai due anni insieme a mia moglie, alla ricerca migliore per poter aprire questo centro culturale canapa con negozio annesso, ma più ci davamo da fare, tanto più intorno a noi traspariva ostilità, all’ora come di solito avviene nell’organizzazione presi guida da un responsabile più in alto di Matteo, e dopo vari contatti, Matteo mi prese un appuntamento con un responsabile di territorio, vi lascio a voi immaginare quello che ne venne fuori in casa mia, mi consigliavano di non divulgare il fatto che io facessi uso di hashish, sempre per il mio bene, secondo loro questa idea del negozio era da abbandonare, nonostante io gli dicessi che ci sarebbero stati anche contributi da parte della regione per le donne che aprivano una qualsiasi attività prelevandole dalla comunità europea,niente cassata al tal punto di riuscire a convincere mia moglie che questa idea era molto meglio metterla da parte. Difatti anche mia moglie non condivideva più questa mia idea. Successe anche un fatto in questo periodo, avevo conosciuto Adelina Grimeldi che gestiva in zona Terricciola, un centro culturale. Andavo a trovarla per capire se questo centro si poteva portare anche a Signa. Mi ero avvicinato molto ad Adelina anche perchè quello che lei faceva era quello che la mia idea voleva fare. Dopo aver preso guida da questi responsabili, dopo che mi avevano demolito i miei sogni, dissi a fiamma che avrebbe dovuto anche lei conoscere Adelina, e capire quello che erano le mie intenzioni, andammo a trovarla ma questo fu motivo di inasprimento fra me e mia moglie, dato che i nostri discorsi andarono ben oltre la canapa e si orientarono sul buddismo che noi seguivamo, Adelina non parlò molto bene di questa organizzazione, anzi ci spiegò che conosceva anche lei delle persone che praticavano il buddismo della soka gakkai, ma non ne parlò per niente bene, noi non eravamo li per questo quindi tagliammo per poter tornare sull’argomento per cui eravamo li, ma molti dubbi mi erano tornati come tante altre volte nei confronti della nostra organizzazione. Successe, purtroppo o forse no, che Adelina doveva andare a Firenze quel giorno e io mi offrì di accompagnarla. Ricordo molto bene che senza minimamente mancare di rispetto a mia moglie, dissi ad Adelina di sedersi davanti. Una volta partiti, le nostre conversazioni si spostarono nuovamente sulla pratica buddista da noi praticata, e i dubbi che mi fuoriuscivano ancora di più, in quel momento erano al massimo, fino a cominciare a pensare che quel maestro che noi seguivamo, per me tanto maestro non lo era, ed a dare consenso a quello che Adelina diceva, e’ in quel momento che dovevo capire l’atteggiamento di mia moglie, dato che ad un tratto da dietro ha alzato in maniera inusuale per lei, il suo tono di voce contestandomi fortemente su quello che io stavo dicendo su Daisaku Ikeda il suo maestro, e mi ricordo che ci fu un grosso scontro sulle nostre posizioni, fino a far intervenire Adelina per portare un po’ di calma, forse quel momento ha rotto il nostro reciproco rispetto.
Continua…………..