Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

LA SOKA IN RERUM NATURA

L’atteggiamento dei praticanti soka esprime ormai chiaramente l’aspetto più deteriore del bisogno di aggregazione e fusione dell’essere umano in un micro sistema nel quale perdere la propria identità sull’altare di non ben precisati “ideali”:

1. la prima cosa che contesto è la pretesa “superiorità” della soka e della dottrina del buddismo di nichiren così come trasmesso dalla soka, che secondo la soka è il VERO INSEGNAMENTO. Al di fuori di essa non c’è salvezza, un po’ come la chiesa, secondo la quale “extra ecclesia nulla salus”. Ma stiamo scherzando?? Complimenti per la dimostrazione di umanità e apertura verso la vita. Bei presupposti per perseguire la pace nel mondo. La verità è che questo atteggiamento esprime un bisogno di indicazioni su come affrontare la vita. Per quello che ho sperimentato, quando una persona impara ad amare il mondo così come è, e ad accettare che il mistero della vita è molto più profondo e complesso di come sembra, e che non si può cristallizzare in una dottrina, o meglio, in una unica dottrina, quando si amano gli esseri umani così come sono, non si riesce più a far parte di un gruppo o di una organizzazione. Questo perché chi ama la Terra così come è ama veramente, e questo amore unisce. Chi fa parte di un gruppo invece si separa dagli altri e questo crea divisioni, odio, rivalità. C’è una differenza di profondità immensa tra questa visione della vita e quella che propaga la soka gakkai.

2. la seconda cosa è LA MILITANZA FORZOSA E FORZATA E SOPRATTUTTO AUTOREFERENZIALE che viene “imposta” ai malcapitati fedeli, che si esprime soprattutto con atteggiamenti indiretti, intimidatori ma in modo subliminale. Mi riferisco al fatto che, invece di porre l’accento sulla necessità di vivere nel presente e, attraverso questa accettazione della realtà, donare se stessi agli altri, a prescindere dai risultati che si ottengono dal “donare”, si ingenera nei membri la convinzione che recitando daimoku la realtà del presente, che spesso è sgradita, (la maggior parte delle persone iniziano a praticare perché qualcosa li disturba o li fa soffrire) si può cambiare. Così ci sono frotte di persone che si fiondano davanti al gohonzon, recitano ore e ore in attesa che la situazione presente cambi. Ma in realtà, nel profondo la rifiutano. E rifiutano il presente. Così si attaccano alle "attività" sperando che facendo queste la loro vita cambi. E il tempo passa. E ne derivano insoddisfazione, desiderio di trovare conferma in questo modo “disturbato” di vivere la spiritualità . ( le persone vengono spronate a fare una pratica ego-centrica: esempio, si dice fai attività per quel meeting che poi realizzi i tuoi desideri….ma che cazzo, nichiren non dice mica questo nel gosho i desideri terreni sono illuminazione, anzi, tutto nella sua filosofia spinge ad accettare la vita così come è, vedi "felicità in questo mondo". La realizzazione di qualcosa è sempre collegata ad una accettazione della vita. E’ questa che apre la porta anche alle realizzazioni materiali). E’ COSI’ DIFFICILE INVECE DI USARE IL CLASSICO GLOSSARIO SOKA, TIPO: IL GOHONZON MI HA DETTO….. HO VISTO DAVANTI AL GOHONZON…..I DEMONI MI HANNO ATTACCATO….ECCC…cominciare a usare un diverso modo di esprimersi, basato su qualcosa che viene dal profondo… Possibile che il bisogno di identificazione sia ingigantito anziché rimpicciolito? Ma il buddismo non dovrebbe portare alla dissoluzione dell’ego?

3. arriviamo alle RESPONSABILITA’: l’etimologia della parola già chiarisce l’equivoco. Non c’è bisogno di persone “abili nelle risposte”….anche perché il mistero della vita, come chiarito nel capitolo hoben, dove shakyamuni dice “shoho jissho” è non spiegabile, va oltre la mente, ed è compreso e condiviso solo fra buddha. Invece che succede? Trovi persone che si gonfiano come l’uccello “gura” non appena hanno un incarico nell’organizzazione e pensano di riscattare la loro vita nella comunità soka. Recitano un ruolo, e danno vita a questa prassi ormai consolidata, cristallizzata: anche senza conoscere le persone, formulano le classiche domande di rito: come stai? (ma che vuol dire???), e poi ripetono alcune frasi di gosho a macchinetta, nella convinzione che per il ruolo che ricoprono devono dire sempre qualcosa e avere sempre la risposta a tutto. Il discorso potrebbe essere molto più lungo, vedi la cosiddetta “piramide rovesciata” che in realtà non esiste, in quanto chi è in alto decide anche per gli altri, e spesso decide cosa va detto e cosa non va detto. Mi fermo qui.

4. altro punto : I MEETINGS: spesso sono più che altro sedute da alcolisti anonimi, dove le persone sfogano le loro sofferenze. Vogliamo accettare questa cosa o no? Vivaddio!!!!! I membri, usando sempre questo ridottissimo glossario soka fatto di modi di dire, scaramanzie varie alla Lourdes (esempio: domani devo andare a fare la tal cosa, aspetta che faccio un turno al kaikan che mi porta fortuna) e leggendo solo o prevalentemente materiale della soka gakkai non attingono mai a tutto ciò che c’è di buono all’esterno. Tra l’altro i contenuti delle pubblicazioni soka sono auto – referenziali. E’ incredibile che per trasmettere incoraggiamenti e riflessioni perfettamente compatibile con Nichiren Daishonin, non si possano mai citare fonti ed esperienze vissute in modo diretto ma si debba usare lo stesso glossario soka altrimenti si è tacciati di fare riferimento a cose provvisorie, parziali, ecc…Questo è tipico di una setta…….

5. ultimo punto: LA CONTINUA NECESSITA’ DI PARAGONI CON ALTRE RELIGIONI: anche questa non è una questione di poco conto. Si usano alibi del tipo: ma.. parla direttamente con le persone che fanno confronti, ecc…E’ UN FENOMENO GENERALIZZATO. Fino a pochi anni fa addirittura si parlava di “vero Buddismo” in riferimento a quello della Soka Gakkai. Ma è chiaro cosa c’è dietro: per mettere a tacere i propri dubbi interni si mettono in luce i presunti punti deboli delle altre religioni. Tra l’altro, si tratta sempre di critiche superficiali e che denotano una scarsa conoscenza delle stesse, anzi spesso non si conosce nemmeno bene il pensiero di Nichiren, finendo così per dire un insieme di amenità incredibili. questa poesia esprime secondo me questo atteggiamento: Peter Goblen poeta americano tratto da "Journey through the light", 1973 LO SPACCIATORE Guardatevi da colui che cerca discepoli, dal missionario, dallo spacciatore, sono tutti cacciatori di proseliti, tutti proclamano di aver trovato il cammino del cielo. Ma il suono delle loro spade è il silenzio del loro dubbio. L'allegoria della vostra conversione li sostiene nella loro incertezza. Persuadendovi, lottano per convincere se stessi. Hanno bisogno di voi mentre vi dicono che avete bisogno di loro: c'è una simmetria di cui non parlano nel loro sermone, o durante l'incontro vicino alla porta segreta. Mentre diffidate di tutti siate sospettosi anche di queste parole, poiché io, dissuadendovi, ottengo una nuova prova del fatto che non c'è nessuna scorciatoia, nessun cammino, nessuna destinazione. grazie per l'attenzione.

Antonino